Dopo anni di stasi, nel 2022 i contratti dei dipendenti statali sono finalmente stati rinnovati. Il primo comparto del pubblico impiego che ha visto lo sblocco è stato quello degli Enti Centrali: il nuovo CCNL per queste categorie di lavoratori, relativo al triennio 2019-2021, è stato siglato a Maggio 2022. I dipendenti dei Ministeri e delle Agenzie fiscali hanno quindi già ricevuto gli arretrati contrattuali e gli aumenti retributivi.
Entro fine anno, gli arretrati verranno erogati anche ai dipendenti degli Enti Locali (Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni), della Sanità e del comparto Scuola/Università. Gli stessi lavoratori si vedranno poi riconosciuti, a partire dal 2023, gli aumenti retributivi previsti dal nuovo contratto. Scopriamo insieme gli importi.
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Dicembre 2022: un mese d’oro per i salari pubblici
La tornata di rinnovi contrattuali del settore pubblico ha portato con sé il riconoscimento di ingenti arretrati. I CCNL del pubblico impiego erano infatti scaduti dal 31 dicembre 2018. Il rinnovo dei contratti, per ora siglati solo per il triennio 2019-2021, ha comportato il riconoscimento di aumenti stipendiali, con decorrenza dal 01 gennaio 2019. Ma fino ad oggi gli statali hanno continuato a percepire la vecchia retribuzione. Nel mese di dicembre, quindi, per oltre 2 milioni di lavoratori impiegati nella macchina statale arriveranno gli arretrati, il cui importo, pur variabile a seconda dell’inquadramento professionale, sarà sostanzioso.
Per i dipendenti degli Enti Locali, ad esempio, le somme varieranno da 1.210 € lordi per le posizioni economiche più basse, a circa 2.251 € per quelle più alte. Insegnanti, dirigenti scolastici e personale ATA percepiranno arretrati per importi compresi tra 1.211 € e 2.557 €, a seconda dell’inquadramento professionale e dell’anzianità di servizio. Buone notizie anche per gli operatori del comparto Sanità, che si vedranno riconosciuti arretrati per importi variabili tra 780 € e 2.256 €.
Queste cifre si sommano alla tredicesima, anch’essa erogata nel mese di dicembre e con importo corrispondente a quello di una mensilità. A conti fatti, per i lavoratori degli Enti Locali, della Scuola e della Sanità, la busta paga di Natale potrebbe arrivare al triplo del normale. Diversa la situazione per i dipendenti degli Enti Centrali, della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, che hanno già ricevuto gli arretrati in estate e che a dicembre dovranno accontentarsi della retribuzione mensile e della tredicesima.
Dal 2023 entrano a regime le nuove tabelle retributive
Le buone notizie derivanti dal rinnovo dei contratti statali non finiscono qui. Come accennato, infatti, i nuovi CCNL 2019-2021 prevedono aumenti salariali, decisamente necessari se si considera che il livello retributivo per il settore pubblico è notoriamente basso.
Gli aumenti si attestano, in media, attorno ai 100 € lordi mensili, con sensibili variazioni in base all’inquadramento professionale. Per i lavoratori di Comuni, Province e Regioni, ad esempio, l’incremento dello stipendio base va dai 56,10 € dei dipendenti di categoria A1, ai 104,28 € dei dipendenti di categoria D7. Nelle categorie intermedie, che sono quelle di gran lunga rappresentate, l’aumento medio mensile si aggira attorno ai 65 euro.
Discorsi analoghi valgono anche per gli altri comparti. Nella Scuola, ad esempio, gli aumenti oscillano tra i 49 e i 113 € lordi; nella Sanità, tra i 54,50 € e i 98,10 €.
Si tratta di incrementi accolti con gioia, ma che lasciano anche un po’ di amaro in bocca. In un settore che impiega circa 3,5 milioni di lavoratori e in cui tanto gli stipendi quanto le assunzioni sono fermi al palo da anni, era più che lecito aspettarsi di più. A maggior ragione in questo folle 2022, che ha visto l’inflazione salire di circa 10 punti percentuali e i costi dell’energia schizzare alle stelle.
Contratti 2022-2024: quali prospettive all’orizzonte?
Gli ottimisti speravano di togliersi qualche altra soddisfazione salariale, avviando immediatamente una nuova tornata contrattuale. Già, perché tutti i CCNL pubblici rinnovati nel 2022 si riferiscono alle annualità 2019, 2020 e 2021. In altre parole, nel momento in cui Governo, ARAN e Organizzazioni Sindacali li hanno siglati, tutti questi contratti erano già scaduti. Il pubblico impiego ha dovuto affrontare anni di blocchi assunzionali e di congelamento delle risorse per le premialità, ereditati dalle sciagurate riforme portate avanti dai ministri Brunetta e Madia. Subito dopo la firma, molte voci si sono levate per chiedere un’accelerata della contrattazione: l’obiettivo era quello di portare a casa al più presto i rinnovi anche per il triennio 2022-2024.
Ma, con la presentazione della bozza della Legge di Bilancio 2023, il nuovo governo ha congelato gli entusiasmi. La Manovra ha infatti concentrato la maggior parte delle risorse sulle misure per contrastare il caro-bollette, senza prevedere fondi per i rinnovi contrattuali 2022-2024. Occorrerà quindi aspettare la prossima Legge di Bilancio per capire quali sono le intenzioni del governo in merito ai contratti pubblici, ma le prospettive non sono rosee. Per tenere il passo dell’attuale inflazione, infatti, servirebbe un’iniezione di risorse pari a circa 16 miliardi di euro. Una cifra immensa, che difficilmente lo Stato potrà rendere disponibile, a maggior ragione perché le prospettive economiche per il 2023 non sembrano indicare una ripresa imminente.
A consolare parzialmente gli oltre 3 milioni di lavoratori pubblici, però, viene l’articolo 60 della bozza della Manovra. La norma prevede infatti un incremento una tantum dell’indennità di vacanza contrattuale, una particolare voce della busta paga dei dipendenti statali che viene erogata quando il contratto vigente risulta scaduto. Tale indennità è già stata riconosciuta a partire da aprile 2022, nella misura dello 0,3% della retribuzione base, poi aumentata allo 0,5% a partire da luglio. Con le disposizioni dell’articolo 60 della Legge di Bilancio 2023, il governo Meloni prevede un incremento della cifra corrisposta per indennizzare la vacanza contrattuale, ma non si sa per quanto tempo e – soprattutto – in quale misura.
La Manovra porta con sé un’altra piccola buona notizia: la riduzione del cuneo fiscale di 2 punti percentuali per chi percepisce un reddito lordo mensile compreso tra 1.538 e 2.692 €. La maggior parte delle retribuzioni del settore pubblico ricade all’interno di questo range, quindi il 2023 vedrà un sensibile calo della pressione fiscale sulle buste paga degli impiegati statali.